MILANO/Forte: fiaccole accese contro il terrorismo
Fiaccole accese e “maratona oratoria contro il terrorismo anti-ebraico” ieri sera davanti alla Sinagoga di via Guastalla. Ad aprire gli interventi, l’ambasciatore israeliano Naor Gilon e il rabbino capoAlfonso Arbib, ai quali hanno fatto seguito circa 40 altri contributi di rappresentanti di altre comunità religiose (come la Comunità islamica di via Meda), associazioni culturali e religiose, non solo ebraiche, ed esponenti politici di tutti gli schieramenti. Tra questi anch’io ho portato il mio saluto che riscrivo e sintetizzo di seguito:
“Innanzitutto siamo qui, sono qui, prima ancora che per parlare di politica e di geopolitica per quel senso di pietà umana per le vittime degli attentati di questi ultimi giorni. Quella pietà per l’altro che trova radici comuni, per me che sono cattolico e per voi ebrei, nelle parole del profeta Geremia del capitolo trentunesimo: ‘Ti ho amato di un amore eterno, per questo ti ho tratto a me avendo pietà del tuo niente’. Questa pietà, che nella tradizione ebraica, come in quella cristiana, trova il concreto abbraccio di un popolo ha anche un valore sociale e politico. Quello che la comunità internazionale dovrebbe fare in Medioriente è proprio difendere e sostenere quelle realtà in cui si vive e si sperimenta l’abbraccio pietoso dell’altro.
E così qui, da noi, in Europa e a Milano: dobbiamo interloquire e legittimare quelle comunità religiose che vivono e sperimentano l’abbraccio pietoso per l’altro. Questa sera ha portato il suo saluto la mia amica Maryan Ismail e abbiamo letto il messaggio della Coreis di via Meda, ma non abbiamo letto altri messaggi di altre associazioni islamiche. Semplicemente perché non esistono questi messaggi, perché anche nella nostra città ci sono associazioni e realtà che non hanno pietà per l’altro e promuovono una ideologia fondamentalista. Allora il discrimine per una convivenza pacifica anche nella nostra società è proprio dato dalle parole di Geremia. Questa sera siamo qui in tanti, insieme, a dire che siamo tutti ebrei. E ci ritroveremo insieme ogni volta che occorrerà dire, come bisogna fare oggi, che siamo anche tutti yazidi e tutti cristiani. Ogni qualvolta cioè una comunità religiosa e una minoranza sono minacciate da chi usa Dio per il proprio progetto di potere. Vi ringrazio”.
Matteo Forte