Cristiani perseguitati in Siria e in Medio Oriente. Conversazione con il Vescovo di Aleppo e Mario Mauro
La Croce quotidiano – Parlare del dramma che stanno attraversando i cristiani in Medio Oriente non è semplice. Soprattutto in momenti come quelli attuali in cui difficilmente si riescono a trovare media che si interessino attivamente all’argomento. Oggi, dopo le immagini continue di siriani che scappano dal loro paese per fuggire dalla guerra, forse qualche domanda ed interesse a comprendere le cause che inducono milioni di persone a migrare dal loro paese comincia ad emergere. Soprattutto se parliamo di un paese, la Siria, che ha sempre vissuto nella prosperità e nel benessere. Il gesto della cancelliera Angela Merkel ha sicuramente destato stupore ed interesse nella comunità europea ed internazionale, a tal punto che anche diversi leader politici nostrani molto attivi nel dibattito sul fenomeno delle migrazioni hanno riveduto le loro posizioni oltranziste. Ma per comprendere meglio e più a fondo cosa succede in quelle aree del mondo e perché ci riguarda da vicino occorre parlarne con chi convive quotidianamente con il dramma della guerra davanti ai propri occhi e con chi politicamente si impegna per cercarne una via d’uscita. Mi sono così trovato a conversarne con due interlocutori d’eccezione: il Vescovo di Aleppo Mons. Abou Khazen ed il Sen. Mario Mauro, Presidente dei Popolari per l’Italia. Due persone che, pur in modi e ruoli diversi, da anni vivono e seguono con partecipazione ed impegno il dramma delle persecuzioni dei cristiani in medio-oriente. La prima cosa che il vescovo mi descrive rispetto alla situazione in Siria riguarda come i cristiani vivono la loro permanenza in terre difficili come la Siria: ‘Vivono il problema di tutte le minoranze: purtroppo questi gruppi jadisti non tollerano la nostra presenza e per questo stanno cercando di sradicare la nostra presenza. Stanno distruggendo conventi, chiese, cimiteri e tutto il resto. Dove sono presenti gruppi jadisti o lo stato islamico purtroppo non ci sono più cristiani: i cristiani stanno solo dove ci sono i governi regolari. I quartieri civili sono soggetti a dei bombardamenti continui: quindi la gente non è sicura né in casa, né nel loro lavoro (se c’è), né nelle Chiese. E poi ci sono le difficoltà del quotidiano: la luce che va e che viene perché l’elettricità ce l’abbiamo per un’ora e mezzo o due ore al massimo e l’acqua a volte non viene rifornita per due o tre settimane. Potete immaginare la difficoltà di questa povera gente senza acqua per settimane. Quindi tutto questo spinge sia i cristiani, sia le altre minoranze noni cristiane e i musulmani moderati a uscire, a scappare: per questo vediamo queste onde di profughi’. Una minoranza che soffre il dolore del paese e che cerca di resistere offrendo tutta la propria testimonianza e capacità di riconciliazione alla Siria intera. In questo senso il vescovo considera ‘ il nostro essere cristiani in Siria una missione, una vocazione. Siamo forse l’unico gruppo che può avere relazioni con tutti gli altri gruppi: siamo un ponte di pace, riconciliazione e dialogo. Vogliamo rappresentare anche un’altra soluzione non violenta e fatta di morte, ma di riconciliazione tra le parti. Speriamo di poterlo fare veramente: stiamo cercando di farlo e stiamo incoraggiando i fedeli a farlo. Speriamo di riuscirci’. Un tentativo necessario e fondamentale perché solo attraverso la strada del confronto per una pace possibile la situazione potrebbe risolversi al meglio. In questo senso Mons. Abou Khazen rilancia l’appello riportato in Italia in queste settimane: ‘L’appello lanciato vuole bloccare l’invio di armi per combattere: chiediamo di costringere tutte le parti a dialogare così possiamo arrivare ad una pace e ad una comprensione reciproca. Invece di curare gli effetti di questa migrazione andiamo alle radici, alla causa: e una volta che c’è la pace tutto si può risolvere. La Siria è un paese ricco, un paese che sempre ha ospitato i profughi: adesso abbiamo almeno la metà della popolazione siriana che è profuga. Per favore non vendete più armi e fate pressioni affinché le parti in causa si mettano a dialogare’. Con questo accorato messaggio il Sen. Mario Mauro, del quale sarà in uscita nelle prossime settimane un suo secondo libro sul tema, si riaggancia dicendo che ‘oltre che prodigarsi come è ovvio ma non scontato per una soluzione diplomatica che rimetta al tavolo le varie realtà dell’opposizione siriana e del governo di Hassad, sia necessaria un’azione di carattere militare che nella logica di interposizione renda possibile attuare condizioni di sicurezza per le popolazioni siriane. In questo senso credo che l’iniziativa ultima non vada altro che condivisa e sostenuta dalla comunità internazionale’. Quindi risulta necessario e decisivo un ruolo da protagonista dell’Occidente. E quale, in che termini? Il sen. Mauro si spiega meglio: ‘Intanto bisogna rispondere al bisogno dei rifugiati che vengono in Europa: anche noi abbiamo visto questo afflusso nel nostro paese, anche se in minima parte. È un problema che si accentuerà nei prossimi mesi e credo che nel giro di qualche mese avremo milioni di siriani che si riverseranno sulle nostre sponde. Questo imporrà alle grandi potenze europee di dare risposte concrete anche sotto il profilo militare. L’iniziativa che spetta a tutti, compresi i cristiani, è rendere noto cosa sta accadendo in questi paesi perchè il silenzio è l’arma letale sulla quale possono contare i decapitatori dell’Isis affinché il loro progetto prenda sempre più forma. La strada della solidarietà nei confronti di coloro che sono in Siria non deve interrompersi ma anzi deve essere strutturalmente potenziata: questo comporta per la comunità internazionale ripensare lo strumento delle sanzioni che oggi danneggia prevalentemente il popolo siriano ma soprattutto dar vita ad una vera e propria gara di solidarietà anche per quanto riguarda i cristiani siriani e quelli presenti in Iraq, che può essere tranquillamente veicolata dalle ong cristiane’. Questa consapevolezza e chiarezza di giudizio del senatore arriva dai suoi continui viaggio in medio-oriente e dal suo impegno, sia a livello europeo che internazionale, per trovare una soluzione ai conflitti presenti in queste aree. ‘La riduzione dei diritti dei cristiani mediorientali è una questione sanguinosa e che si protrae da secoli a quelle latitudini. È chiaro che la nascita dello stato islamico pone il tema su una base del tutto nuova perché è un dato di fatto che dentro le aree controllate dall’Isis non basta più neanche il tradizionale declassamento a cittadini di serie b perpetuato in molti regimi musulmani e a cui la comunità cristiana sopperiva attraverso il pagamento di tasse superiori: qui si è trattato di una vera e propria pulizia etnica che la dice lunga sulla minaccia che grava sulle teste dei cristiani in medio oriente. È arrivato il momento in cui la comunità internazionale comprenda che la difesa dei cristiani in medio oriente non è appena la difesa di una minoranza religiosa o etnico-culturale ma la difesa della libertà tout court e della libertà religiosa in tutta l’area del paese’ continua Mauro confermando la necessità di agire con tempestività e ragionevolezza. Accrescere la consapevolezza di noi cristiani e non che viviamo in Occidente non è solo opera meritoria ma indispensabile per comprendere i fenomeni che attraversano e attraverseranno sempre di più i nostri paesi: ma sopratutto è l’occasione per comprendere che solo intervenendo nella risoluzione delle controversie presenti in queste zone del mondo potremo davvero affrontare i problemi che ogni giorno alimentano, spesso in maniera del tutto ideologica, i dibattiti politici nostrani.
Mirko De Carli