Come superare lo stallo
Un’Italia divisa in tre blocchi: al Nord con il prevalere del centro-destra a trazione leghista, al centro che fu già il cuore dell’egemonia comunista, un calo pauroso di consensi alla sinistra dall’Emilia alla Toscana e all’Umbria, dove l’astensionismo la fa da padrone, e il Sud totalmente nelle mani dei “cacicchi” di dalemiana connotazione.
E tre blocchi politico-culturali accompagnano quella geografia politica nazionale: il blocco del renzismo senza più lo smalto delle europee (dal 40,8% a meno del fatidico 25% delle regionali) da un lato e con una ormai annunciata scissione sulla sinistra, con la Liguria che ha fatto da laboratorio sperimentale; un blocco di estremismi populisti contrari all’euro e all’Europa i quali, favoriti dall’Italicum potrebbero risultare il vero contendente del PD nell’ipotesi del ballottaggio. Al centro, infine, la frantumazione dei vecchi partiti e partitini incapaci, sin qui, di esprimere una proposta e una leadership in grado di riportare al voto quel quarto blocco maggioritario rappresentato dagli oltre 50% dei renitenti al voto.
Utilizzando lo strumento euristico della mia teoria dei quattro stati, applicandolo alle diverse realtà dei tre blocchi geografici suddetti (Nord-Centro-Sud), sarebbe interessante analizzare il comportamento elettorale della casta, dei diversamente tutelati, del terzo stato e del quarto non stato, insieme a quella vasta area popolare rappresentata dagli esclusi.
Sostanzialmente obbligata e interessata al voto la casta, quel 50% di astenuti dal voto interessa trasversalmente tutte le rimanenti stratificazioni sociali presenti nel Paese, mentre la rabbia di chi comunque partecipa al voto, si polarizza prevalentemente sulla Lega, non solo al Nord ma anche al centro e al sud del Paese, e sul M5S.
La sciagurata legge dell’Italicum, dopo averla votata e irresponsabilmente difesa, ora sembra stare stretta ad Area Popolare, che esce sostanzialmente ridimensionata nel suo ruolo politico e costretta a riflettere sulla convenienza a rimanere sdraiata a sostegno del governo del “Bomba” fiorentino.
Forza Italia, soddisfatta per la vittoria di Toti in Liguria, grazie alla scissione intervenuta in casa PD, è ridotta al peso elettorale della Lega in campo nazionale (10-11%) e in crisi di leadership.
Lo tsunami che avevamo annunciato dopo il voto di maggio è avvenuto e solo i ciechi si ostinano a non vederlo. Renzi con i suoi pretoriani fedeli si dichiara soddisfatto perché ora il PD governa quasi tutta l’Italia, ma è evidente che dovrà fare sempre più i conti con la minoranza interna irrequieta e con la realtà di un voto che riporta il PD al risultato della vecchia gestione bersaniana sul 25%.
L’Italicum che Renzi, con i suoi giochi di prestigio e la dabbenaggine dei suoi contraenti del patto del Nazareno, era riuscito a far approvare al Senato, con il voto determinante degli accoliti di governo e di Forza Italia, non è più lo strumento di assoluta garanzia per il controllo totale di regime del Paese e l’annunciata riforma del Senato, cui quella legge è direttamente collegata, sarà il terreno di scontro con gli avversari interni ed esterni con cui dovrà fare i conti.
Una rivoluzione politica si annuncia a sinistra del PD e, soprattutto, al centro della politica italiana. La frantumazione attuale, espressione di meschini calcoli e ambizioni di “personaggetti” politici di bassa lega, non è più tollerabile e quanti aspirano a un’idea diversa dell’Italia disegnata dal trasformismo renziano e dai populismi di destra e di sinistra, ne reclamano il definitivo superamento.
Nessuno dei leader e degli attuali schieramenti sono credibili e ragionevolmente in grado di rappresentare le attese di questa parte prevalente dell’Italia, anche se, tutti ne sono in qualche maniera parte necessaria.
Ecco perché si tratta di dar vita a un nuovo “Grande Progetto” politico culturale che parta dal basso, dalle nostre realtà locali, come sperimentato con diverso successo nell’Umbria del bravo Ricci, nella Puglia di Raffaele Fitto e nel Veneto di Flavio Tosi, con l’adesione degli amici di Italia Unica e delle altre numerose associazioni, gruppi e movimenti di ispirazione laica, popolare, liberale e riformista pronte a riunirsi per ricomporre quell’area popolare senza la quale l’Italia difficilmente saprà superare la condizione di stallo e di trasformismo in cui è caduta nel passaggio difficile e insidioso tra la seconda e la terza repubblica.
Ettore Bonalberti