STATO PALESTINESE/ Mario Mauro: un voto grottesco che spacca il Pd e “premia” Israele
ILSUSSIDIARIO – Pietro Invernizzi intervista Mario Mauro – “Un voto che non è né carne né pesce e che nasce dalle contraddizioni insite nel Pd”. Il senatore Mario Mauro, presidente dei Popolari per l’Italia ed ex ministro della Difesa, commenta così le due mozioni sulla Palestina approvate ieri dalla Camera dei deputati. Sul voto è arrivato il commento soddisfatto di Israele: “Accogliamo positivamente la scelta del Parlamento italiano di non riconoscere lo Stato palestinese e di aver preferito sostenere il negoziato diretto fra Israele e i palestinesi”. La rappresentante dell’Olp, Hanan Ashrawi, ha invece commentato: “E’ infelice che la risoluzione non si impegni per l’incondizionato e ufficiale riconoscimento dello Stato di Palestina”.
Senatore Mauro, che cosa ne pensa del voto alla Camera?
I testi tradiscono due differenti imbarazzi. Il primo, più consistente, è rispetto a Israele. La sensazione è che l’approvazione di una risoluzione unilaterale per il riconoscimento dello Stato autonomo della Palestina rappresenti nella sostanza l’abbandono della causa d’Israele. Quest’ultimo pretende che sia rispettato il principio per cui Israele deve esistere come Stato.
E il secondo imbarazzo?
E’ l’imbarazzo del Pd rispetto alla sua lunga storia di ammiccamenti con quella parte della resistenza palestinese e dei fiancheggiatori arabi che partono dall’impossibilità di riconoscere lo Stato d’Israele. Il governo italiano non ha fatto altro che cercare di mediare tra tendenze inconciliabili dei propri gruppi parlamentari, e in particolare del gruppo parlamentare del Pd. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi: il Parlamento che approva due diverse mozioni sullo Stato Palestinese, e il sì viene accordato sia al testo del Pd sia a quello dei centristi. Alla fine chi riesce a fare buon viso a cattivo gioco è paradossalmente proprio Israele.
Dopo questo voto il governo è spaccato?
Il governo era ansioso di superare questo scoglio nel più breve tempo possibile e facendosi il minor male possibile. Con l’approvazione delle due mozioni di fatto non cambia nulla. Il governo non è vincolato dal voto, ma riceve dal Parlamento una sorta di auspicio sulla questione israeliano-palestinese. E’ proprio il caso di dire: “Tanto rumore per nulla”.
Anche i parlamenti inglese e francese si sono espressi a favore del riconoscimento della Palestina…
C’è una fortissima differenza. Alla fine delle votazioni di Francia e Regno Unito, Israele non ha mai potuto dire come in questo caso: “Accogliamo positivamente la scelta del Parlamento italiano di non riconoscere lo Stato palestinese e di aver preferito sostenere il negoziato diretto tra israeliani e palestinesi sulla base del principio dei due Stati come giusta via per conseguire la pace”. Nonostante la stampa che sostiene la posizione palestinese si sia affrettata a dire che oggi il parlamento italiano ha riconosciuto lo Stato di Palestina, nella realtà hanno ragione gli israeliani.
Perché un Parlamento italiano dove il Pd è il partito principale ha maggiori difficoltà a riconoscere la Palestina della Camera dei Comuni inglese in mano ai Conservatori?
L’Italia ha un rapporto particolarmente vissuto e problematico con i palestinesi. Non di rado le loro vicende hanno attraversato la nostra storia con non poche ombre. Ne è un esempio il caso dei “si dice” che hanno imperversato anche su noti attentati. La verità però è che c’è stato un patto documentato dalla storia, e gestito da Aldo Moro.
Qual era il senso di questo patto?
Questo patto ha coinvolto gli uomini dell’Olp perché non avvenissero attentati terroristici sul nostro territorio. C’è una storia del rapporto Italia-Palestina che passa anche attraverso le politiche di uomini come Giulio Andreotti e Aldo Moro. Una storia che veniva percepita come un vulnus dalle amministrazioni israeliane.
Nella seconda repubblica le cose sono cambiate?
Sì, ben diverso è stato l’atteggiamento di forze politiche come Forza Italia e Alleanza Nazionale. Il Pd invece su questa questione assomma tutte le contraddizioni possibili. Tutto ciò si è condensato in un voto che non è né carne né pesce, e che ciascuno è libero di interpretare come meglio crede.
Com’è in questo momento la situazione per quanto riguarda l’allerta terrorismo in Italia?
Va riconosciuto che il nostro sistema ha fatto un ottimo lavoro, dove per sistema si intendono i servizi ma anche il monitoraggio compiuto sia dal ministero dell’Interno sia dagli organismi presenti negli altri ministeri come quello della Difesa. Il numero dei foreign fighters dell’Isis provenienti dall’Italia è comunque inferiore a quello degli altri Paesi europei. Non a caso gli attentati sono stati compiuti negli Stati da cui parte il maggior numero di foreign fighters.
Significa che la minaccia diretta per l’Italia per il momento è moderata?
No, la minaccia è reale e inquietante, perché inquadra il target italiano con altri presupposti: la presenza del Santo Padre, in un contesto in cui l’Italia ha scelto di affiancare la coalizione che sta operando per contrastare Isis. Sono entrambe due ottime ragioni perché una realtà, per quanto complessa e articolata come quella dello stato islamico, inserisca l’Italia nella lista dei suoi nemici giurati.