CONTRIBUTI/ Salvini e Tosi, ecco qual è la vera partita (popolare) che si gioca in Veneto
FORMICHE – Articolo di Domenico Menorello (PpI Veneto) – La partita in atto nel Veneto non è affatto una disfida personale fra Salvini e Tosi. E’ piuttosto il tentativo di sperimentare una realtà politica del tutto nuova, che, per inciso, a Salvini non dovrebbe affatto dispiacere.
L’ipotesi del segretario della Liga veneta è innanzitutto quella di rivendicare una forte autonomia politica nelle scelte e, poi, di immaginare, accanto al suo partito, la costruzione non di liste che sembrino orpelli personali di qualche potente locale, ma contenitori radicalmente nuovi, che ospitino diverse sensibilità civiche, popolari, liberali e riformiste, non immischiate nei palazzi del potere e tutte alternative al Partito Democratico.
La chiave di lettura di quel che sta succedendo in questi giorni in Veneto è stata suggerita dallo stesso Flavio Tosi il 20 dicembre scorso, durante la tappa veronese della Scuola di Politica Popolare, quando il sindaco scaligero, nel salutare il vicepresidente del Parlamento bavarese, Reinhold Bocklet, ha affermato che il partito bavarese della CSU, dotato di una forte autonomia politica e solo federato al partito nazionale CDU – è un modello da capire ed esportare anche in Italia, con gli opportuni adattamenti.
E’ una direzione molto più radicale di quanto appaia a prima vista.
Sono ormai almeno vent’anni che le forze politiche italiane invocano, da un lato, riforme federaliste e ispirate al principio di sussidiarietà, ma, dall’altro, sono divenute nel frattempo sempre più centraliste e dipendenti da veri e propri culti della personalità di leader veri o presunti, clonando sul territorio corti prive di reale radicamento popolare.
Tuttavia, se la sussidiarietà non è innanzitutto politica, non potrà mai diventare la cifra delle istituzioni, perché un potere politicamente centralizzato non può tollerare un effettivo autogoverno dei territori.
Perciò, la ferma volontà della Liga Veneta di non cedere a una linea centrale sulle scelte per il prossimo governo del Veneto è condizione per operare un primo reale passo verso il modello CSU.
Ma ciò non basta. Il CSU è uno dei “partiti popolari” del PPE, tanto autonomista, quanto contemporaneamente fautore dell’unità nazionale tedesca e assertore della necessità di maggior coesione politica europea.
Di qui, la necessità di ricostruire in Veneto e in Italia una nuova e ben più tonica rappresentanza di un elettorato popolare, civico, liberale che non crede al socialismo, nemmeno di rito renziano, e rimane scettico verso derive destrorse e lepeniane. E che sempre più spesso decide di non andare a votare, come nel recente e clamoroso caso delle elezioni regionali dell’Emilia Romagna.
Serve perciò molta innovazione, innovazione che non arriverà più da quei partiti sedicenti-centristi che hanno rinunciato e nascosto a troppa identità ideale pur di conservare ministeri e assessorati.
Spazi originali per una nuova rappresentanza sono stati promossi in Veneto dalla Fondazione “Ricostruiamo il Paese”, dalla Costituente civico-popolare e da numerosi circoli civici di partecipazione alla res publica.
Sul piano nazionale, innovazione vuol dire non fermarsi alla ricerca del solito “mitico” leader unificante, ma sulla offerta di un “network” di riferimenti, di una squadra che voglia e sappia lavorare, finalmente, assieme, rispettando una forte autonomia delle rispettive esperienze regionali e territoriali. In effetti, non mancano persone con carature vere di “novità”, perché hanno avuto il coraggio di dire dei “NO” senza tornaconti agli onnipotenti poteri della seconda repubblica e che devono ora trovare la lungimiranza di volere diventare un complessivo team di riferimento politico.
Non c’è da inventare nulla: è tutto sotto i nostri occhi.
Per esempio, proprio Flavio Tosi rappresenta un sano autonomismo non demagogico, Corrado Passera ha una importante storia nel mondo economico, produttivo e liberale, Mario Mauro è stimatissimo nel PPE europeo e appartiene alla migliore tradizione del cattolicesimo popolare, Raffaele Fitto è uno dei rari dirigenti non omologati dell’esperienza forzista.
Questi homines novi devono saper dimostrare il coraggio di un passo indietro rispetto a protagonismi personali, per dare vita a una inedita piattaforma, a uno splendido arcipelago in mare aperto, in cui i singoli soggetti anche partitici o di movimento possono rimanere con la propria autonomia, ma dichiarando una convergenza di obiettivi, fondati sulla sussidiarietà, e di metodo (ad esempio, con primarie per scegliere i candidati). Di qui promuovano in ogni regione delle costituenti civico popolari territoriali, che avranno la più ampia autonomia, nel rispetto dei contenuti e del metodo unificanti.
Salvini non potrebbe che auspicare un simile percorso. Se davvero vuole vincere la sfida di Renzi deve consentire che il deserto dell’astensionismo si ritragga, favorendo una sana alleanza con un nuovo popolarismo. Se non vorrà, da leghista, venire paradossalmente risucchiato in una logica conservatrice e destro-nazionalista, ha necessità di un dialogo politico con nuovi interpreti del principio di sussidiarietà.
La Verona del sindaco Tosi è gemellata con Monaco di Baviera, nel cuore della CSU. C’È da sperare davvero che, dal Veneto in tutta Italia, questo gemellaggio si allarghi. Gemelli diversi, ovviamente!
Domenico Menorello
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