Centrodestra: Salatto, FI Ncd Udc si facciano carico di trovare percorso comune
AGENPARL, Roma – Di Potito Salatto, vicepresidente nazionale dei Popolari per l’Italia – Il compito della politica, quella vera, è stato sempre, per essere valida, saper razionalizzare sentimenti, umori, contrasti che pur fanno parte dell’uomo e quindi della vita in società. Se così è, allora vale la pena fare alcune considerazioni necessarie per superare lo stato di confusione e di stallo che alberga tra quanti non si riconoscono nel Pd e nel suo renzismo.
Una volta, durante la Prima Repubblica, non andando di moda i sondaggi, le scelte venivano fatte con il “nasometro”, ovvero con il fiuto politico che caratterizzava la classe dirigente dell’epoca. Un fiuto che ha consentito alla Dc di governare per vari decenni e al Pci di essere il primo partito comunista europeo.
Oggi, volendo usare quel nasometro e una conseguente razionalità, non possiamo non rilevare che, al di là della sinistra, esistono due tipi di elettorato che meritano attenzione. Uno facente capo a Berlusconi e quindi a Forza Italia; un altro rifugiatosi nell’astensionismo perché deluso dal Pdl e in cerca di una sua rappresentanza convincente.
Il primo, malgrado le spaccature interne al partito, resiste in percentuali non indifferenti anche se inferiori al passato; il secondo tarda a evidenziarsi perché ancora non è definita la volontà, sempre più spesso annunciata, di dar vita a un partito che si rifaccia ai valori e ai principi del popolarismo europeo di stampo degasperiano (ruolo dello stato nella società democratica, valore dell’economia privata con finalità sociali, partecipazione dei cittadini alla vita politica, eccetera).
Ebbene, al di là di tale intuizione a naso, la razionalità impone che questi due elettorati, anche se distinti ma non distanti, trovino rispettive classi dirigenti in grado di realizzare un’intesa politica ed elettorale capace di costruire quell’alternativa a Renzi che il Paese merita se non vuole affondare del tutto. Quest’ultima considerazione nasce dal fatto che in Italia e in Europa ci si rende conto che, malgrado l’atteggiamento “rock” del nostro presidente del Consiglio, siamo fermi al palo in tutto con previsioni, ormai generali, di un inarrestabile peggioramento della situazione.
Un quadro analogo che ha provocato nelle recenti elezioni tedesche e svedesi l’aumento del dissenso antieuropeo. Male comune mezzo gaudio? No, perché il gaudio sta scomparendo del tutto e gli errori e le insufficienze di ognuno, ricadono pesantemente soprattutto sui più deboli. Allora, Forza Italia da un lato, Ncd, Udc e Popolari per l’Italia dall’altro, si facciano immediatamente carico, senza ulteriori perdite di tempo, di trovare un percorso comune che non necessariamente deve concludersi con la costituzione di un unico partito. Cosa questa, per quanto idealmente desiderata, che avrebbe bisogno di tempo, assetti negli organigrammi non certamente facili da raggiungere, consenso che muova dalla base e non sia la semplice sommatoria di sigle esistenti.
Basterebbe ipotizzare una confederazione di forze che riconoscendosi nel PPE produca un assemblaggio federativo dei singoli partiti, rappresentando, ognuno per la sua parte, una porzione di elettorato la cui somma consentirebbe di vincere le elezioni. Josémaria Escrivà de Balaguer: “E’ sbagliato pensare che i ritardi e le omissioni risolvano i problemi”.