Fino a quando potrà durare? La nota politica di Ettore Bonalberti
ROMA – Da quasi sette mesi è in sella un governo votato da un Parlamento di nominati illegittimamente eletti, che si è impegnato con il Presidente della Repubblica a riformare nientemeno che la Costituzione.
Siamo quotidianamente investiti da quel fiume in piena di Matteo Renzi, un nuovo e vincente modello di leadership senza più credibili avversari interni al suo partito e, praticamente, senza una reale alternativa politica esterna.
Confesso che quando assisto alle conferenze stampa di Matteo Renzi non è tanto la difficoltà a seguire la sua loquela fulminante con quell’irresistibile esse falsata, ma il fatto che non so mai, veramente, se mi trovo davanti un capo di governo o un abile promotore di tele vendite.
Questo, in ogni caso, passa oggi il convento della politica italiana: un gruppo di giovani rampanti impegnati ad affrontare una situazione italiana ed europea economica, culturale, sociale e politica tout court, tra le più complesse e difficili del dopoguerra.
Con il risveglio di D’Alema, dopo la scelta in sua vece della Mogherini a responsabile della politica estera europea (?!), e il permanere di un gruppo parlamentare PD espressione di una diversa e ormai lontana era politica di marca bersaniana, qualche timido segnale di critica sembra nascere nel partito del presidente-segretario. E il tema del doppio incarico, che funestò larga parte della storia democristiana da Fanfani a De Mita, sembra prendere piede anche nel PD.
Siamo curiosi di ascoltare l’intervento di Renzi alla chiusura del festival de l’Unità di Bologna, per misurare il distacco siderale dell’attuale leadership PD dalla tradizione storico culturale del partito che fu anche quello di Togliatti, Longo e Berlinguer.
Sul fronte dell’opposizione, confermate le posizioni nette e intransigenti della Lega di Salvini con non nascoste ambizioni di allargamento meridionale attraverso un’eventuale Lega Sud e quelle del M5S, sottoposto alla doccia fredda di una vecchia foto ricordo del loro leader ospite clandestino sul Britannia (?!) , sempre più ambiguo risulta il ruolo di Forza Italia, formalmente all’opposizione, di fatto stampella reale del governo Renzi.
Più complessa la situazione dell’area popolare. Siglato l’accordo per il patto federativo tra gli amici dei Popolari per l’Italia di Mario Mauro, quelli di Mario Tassone del CDU, di Publio Fiori di Rinascita Popolare, dell’Associazione “ Democrazia Cristiana” di Gianni Fontana, della Federazione delle DC regionali di Luigi Baruffi e dell’associazione “ Liberi e Forti”, è avviato il processo di ricomposizione dell’area popolare e democratico cristiana italiana. Un processo complesso e difficile per il permanere di antiche rivalità, mai dimenticate battaglie anche fratricide che pesano ancora nei rapporti tra gli antichi contendenti.
Da un lato, Mario Mauro si è fatto portavoce istituzionale di movimenti, gruppi e associazioni presenti sul territorio senza diretta rappresentanza parlamentare, dall’altro, si sconta l’ambigua posizione del costituendo gruppo parlamentare unitario dei popolari, facente parte della maggioranza di governo e, nello stesso tempo spinto dalla necessità di ritagliarsi uno spazio di credibile autonomia nei confronti del Renzi pigliatutto e di un governo sempre più ridotto al ruolo di un monocolore PD.
Inoltre, il permanere di un’idiosincrasia fraterna tra CDU e UDC, complici le molteplici capriole del partito di Casini e le stigmate non ancora del tutto cicatrizzate di recenti e più antiche contese, rende arduo mantenere una responsabile posizione di appartenenti a una maggioranza sempre più equivoca, e l’apertura alle spinte al rinnovamento che sale dalla base.
Con un governo che dovrà tagliare almeno venti miliardi di euro all’anno, salvo complicazioni ulteriori di bilancio; abolire, al di là delle capriole verbali renziane, l’art.18; bloccare gli stipendi degli statali; riscrivere le regole del mercato del lavoro, riformare la giustizia civile e penale, rivoluzionare criteri e metodi di gestione della scuola, in contemporanea con l’assunzione di 180.000 nuovi insegnanti sin qui precari e con quel terzo stato sgobbone, sulle cui spalle vivono da sempre gli esponenti delle altre classi, risulta molto difficile prevedere quanto questa situazione potrà durare.
Molto interessante l’apertura dell’amico Flavio Tosi e di Corrado Passera per un’alleanza tra Popolari e liberali che, anche tutti noi riteniamo sia la strada da percorrere per una seria e credibile alternativa al renzismo rampante.
Rispetto al governo, un limite invalicabile non solo per noi, ma per tutti i popolari dentro e fuori del Parlamento è rappresentato da quello sciagurato patto del Nazareno con le sue conseguenze inaccettabili sul piano istituzionale con il combinato disposto: riforma del senato-legge elettorale dell’Italicum
Così come inaccettabili sono le sin qui timide e improvvisate proposte di politica economica assolutamente inadeguate rispetto alle necessità del Paese e alla crisi profonda che ha investito il terzo stato: piccoli e medi imprenditori e loro dipendenti, agricoltori, artigiani, commercianti, libero professionisti che, dopo essersi rinchiuso nell’astensione elettorale, già dalle prossime plurime scadenze fiscali d’autunno potrebbe dar segnali di una possibile rivolta
Serve l’unità dei popolari, premessa per qualsiasi costruzione di un’alternativa seria e credibile al renzismo rampante, al berlusconismo agonizzante e al grillismo senza speranza.
La nostra unità deve partire dall’assunzione da parte di tutti e di ciascuno di una grande dose di umiltà e di carità, avendo consapevolezza che a noi più anziani e in larga parte impresentabili, non possono più competere ruoli di primo piano, ma solo quello maieutico e ancillare di suscitatori convinti della ricomposizione dell’area popolare e democratico cristiana italiana, semplici trasmettitori del testimone della nostra migliore tradizione alle nuove generazioni.
Ettore Bonalberti